A CURA DELLA REDAZIONE
Negli studi antropologici, restanza è la posizione di chi decide di restare, rinunciando a recidere il legame con la propria terra e comunità d’origine non per rassegnazione, ma con un atteggiamento propositivo.
Il termine è stato reso popolare da una recente pubblicazione di Vito Teti “Pietre di pane. Un’antropologia del restare” (Einaudi 2022) che prende spunto da vari casi di persone o di gruppi desiderosi di restare generando un nuovo senso dei luoghi. In alcuni di questi casi si è registrata una rigenerazione dei borghi, (altro termine sempre di più ricorrente) per indicare una ripresa della comunità basata su nuove linee di sviluppo.
Sono casi limitati anche se in crescita: i borghi marginali italiani sono più di 5500, occupano più del 60% del territorio nazionale e sono abitati da 13 MLNI di persone. I luoghi del silenzio e del crescente abbandono sono tanti, troppi e restano quindi un tema socioeconomico straordinariamente urgente poiché alla disgregazione sociale dei borghi non corrisponde certo una migliore vivibilità delle città, in cui i piani di rigenerazione delle periferie arrancano. Insomma, anche gli emigranti non vanno sempre verso un mondo migliore anche se, avendo un lavoro, si sentono in parte già realizzati e possono sperare di trovarne uno migliore. Cosa invece non garantita dalla restanza in paesi con poche prospettive.
E’ quello che emerge da questa composizione dell’Architetto Lodovico Alessandri, che mescola le dichiarazioni di una ragazza del sud con le considerazioni di un operatore professionale nel SUD.
Lodovico Alessandri, romano che quasi settimanalmente va in Basilicata per motivi professionali ha una familiarità con i luoghi, può citare fatti, descriverne atmosfere, attese, speranze, delusioni ed angosce. Come quella che emerge da questa composizione che mescola le dichiarazioni di una ragazza del sud con le considerazioni di un operatore professionale nel SUD.
Speranze disattese e angosce di futuro di chi vorrebbe restare
Lettera accorata da una “RAGAZZA del SUD”
Nella Valle del Basento, tutto appare avvolto da una polvere antica, una nebbia benevola che va diradandosi man mano che il viaggio di andata avanza correndo sui binari inchiodati nell’aspra terra di Lucania. Allineati e monotoni essi scorrono sotto il treno del tempo, come fotogrammi mossi dai colori indistinti.
Le chiome delle querce cancellano a tratti gli alvei dilatati del Basento. I calanchi di argilla e le stoppie ingiallite ospitano mandrie selvatiche di podoliche che pascolano pigre rispettando i ritmi dimenticati di arcaiche stagioni.
Ma dietro alle colline, sulle vette scoscese rifugio di antichi presidi di difesa, lungo le valli dagli alvei inariditi di grandi fiumi mitologici, tra il disinteresse istituzionale e l’indifferenza del mondo, sta consumandosi una delle più gravi tragedie del nostro secolo.
In tutto il territorio nazionale si assiste ad un inesorabile invecchiamento della popolazione. In particolare, la gran parte delle regioni del mezzogiorno è afflitta dal grave e persistente fenomeno di spopolamento dovuto ad un inarrestabile esodo verso le regioni del Nord o verso mete europee.
Si traferiscono altrove giovani famiglie, nascono nuovi bimbi al di fuori dei confini domestici. Probabilmente non potranno giocare gridando per le strade, né nascondersi nelle cantine ammuffite incastonate nei vicoli del paese.
Si assiste di conseguenza a giovani, associazioni, semplici operatori dei settori turistici che precipitano in un vortice inesorabile di frustrazione e di disillusione al punto da perdere completamente la fiducia nelle istituzioni e l’interesse nelle idee. Come quelle che si leggono in questa amicale, accoratissima lettera di “Una ragazza del Sud” a Lodovico Alessandri:
“Caro…….! Buonasera! Ho letto oggi la mail, ma ho preferito rispondere con calma senza fretta.
Come state?? Ho saputo del vostro passaggio ad ….. ieri mattina, sono passata a prendere un caffè e me lo ha detto…mi ha detto che è stato un giro super veloce e che sareste ritornato con calma.
In realtà era un po’ che con… volevamo chiamarvi per sentirvi, visto che era tanto tempo che non ci vedevamo.
Ho visto le foto… allegate alla mail… è bello vedere il vostro entusiasmo, e soprattutto la tenacia nel credere nelle cose di…
Purtroppo… sono molto onesta con voi, in questi mesi/anni non vedo molte novità.
Il “Crai” (Domani)… persiste ancora… Crai, Crai ma le cose non si fanno mai.
Si può aspettare? Nel frattempo che si fa?
Proprio questa domanda mi ha fatto riflettere negli ultimi anni.
Parlo in generale…non c’è attenzione, non c’è amore….che secondo me è dovuto all’insoddisfazione generale…
…A volte giro da sola, non c’è nessuno, immagino che le strade del paese vecchio, fino a 50 anni fa erano piene di rumori, voci, suoni…Ora silenzio, case deserte, alcune inaccessibili e questo mi mette una tristezza che non immaginate nemmeno.
Ho sperato per tanto tempo che le cose cambiassero, ho messo tutta me stessa in questi anni in tante cose, manifestazioni, progetti, sempre per il bene del paese, nella speranza che la situazione migliorasse…
Ho fatto 34 anni da poco, e cosa ho realizzato qui? Ho creduto, creduto, ma…alla fine non ho concluso niente. Idee, progetti, speranze ma…la realtà purtroppo non è quella che abbiamo immaginato tante volte noi…
Il problema è tra giovani proprio.
La mia generazione preferita (parlo delle persone anziane con le quali mi sono sempre trovata bene) non c’è quasi più…e rari sono i discorsi e le storie da raccontare.
Alle nuove generazioni non interessano queste cose, la superficialità regna sovrana, e il bisogno di apparire e mettersi in mostra aumenta sempre di più.
Che cosa triste…..!!!
Sono rimasta solo io qui, tanti ragazzi e amici, sono andati via, hanno trovato una loro sistemazione lontano.
Speravo che rimanendo, le cose sarebbero potute cambiare, che avrei trovato una mia sistemazione qui, ma mi sono sbagliata. Forse me ne dovevo andare anche io, forse ho sbagliato a rimanere.
Per fortuna c’è la fotografia, che probabilmente è stata l’unica cosa alla quale mi sono aggrappata, e mi ha fatto resistere. Vi dicevo che avevo preso delle specializzazioni, e con quelle cerco di farmi conoscere in giro e vado dove mi chiamano…
L’alternativa sarebbe aspettare un anno intero che vengano gruppi di turisti (che richiedano la guida) nel mese di aprile e maggio per prendere 1 euro a testa.
E a 34 anni….posso aspettare solo questo?
…Non nego che più volte ho pensato di andare via.
Di iniziare da qualche altra parte!
Nel frattempo sto pensando di svuotare una stanza a casa di nonna, vorrei farci…una sala di posa per i servizi fotografici….ed iniziare da lì….un angolo mio dove possa lavorare, crearmi qualcosa che amo follemente fare. Se ci riesco poi vi mando la foto.
Quando volete sarò sempre a disposizione, porteremo avanti le idee…
Ad ogni modo mi auguro di vedervi presto.
Spero di non avervi rattristato
Un abbraccio forte
Teresa”
RIFLESSIONI DI LODOVICO ALESSANDRI
Il malessere e la demoralizzazione che emerge dalla lettera si identifica spesso come limite di non ritorno al di là del quale ogni idea, ogni progetto, ogni programma, ogni azione perdono la loro linfa e la loro funzione ispiratrice trainante.
Non è possibile affrontare argomenti come “Formazione”, “Internazionalizzazione”, “Sinergie”, “Innovazione”, “Digitalizzazione” senza la certezza di trovarsi in un mondo del tutto incompreso, difficile e lontano da una comoda, anonima e dannosa quotidianità alla quale sembra impossibile rinunciare.
E paradossalmente le attuali prospettive indicano nel prossimo futuro un progressivo allontanamento delle popolazioni dai grandi centri urbani per ritrovare ed assaporare una vita più equilibrata all’interno delle piccole comunità, sostenuti dalle recenti forme di lavoro a distanza che potrebbe portare ad uno svuotamento progressivo dei grandi agglomerati direzionali, per delocalizzare le attività lavorative in ambiti più domestici.
Si pensi ai progetti di vasto respiro che fermentano all’interno di alcune nazioni dell’Unione Europea.
Giovani studenti universitari, sostenuti economicamente dai propri Istituti, invitati a risiedere per brevi o lunghi periodi all’interno di piccole comunità sparse e spesso dimenticate nelle Regioni più remote della nostra nazione. Nuovi Campus universitari nei quali gli studenti possano trasferire la loro cultura beneficiando di uno scambio reciproco di conoscenze ed esperienze.
Corsi di laurea sui temi dell’Ambiente, della Mobilità, dell’Arte, dell’Agricoltura, dell’Architettura, dell’Antropologia che arricchiscono i saperi degli ospiti e stimolano gli interessi degli ospitanti. Case private, Residenze comunali, Centri di interscambio culturale, Sedi di associazioni, Laboratori di comunità possono generare quel miracolo di sopravvivenza dei nostri Borghi, all’interno dei quali, salienti e palpitanti entusiasmi, possono illuminare il futuro di nuove prospettive.
Ed ecco che si affacciano all’orizzonte nuove esperienze interessanti che lentamente potrebbero contrastare ed invertire l’inesorabile collasso sociale dei nostri borghi autentici.
Costruzione di artefatti archeologici convertiti in digitale, realtà aumentata per i nuovi percorsi turistici, per la musica, per l’arte. Esplorazione di nuovi ambiti commerciali nel mondo del Gioco, della moda, del Cinema, del Metaverso che permettono di porre in contatto i giovani con il mondo tecnologico senza varcare i confini identitari del proprio territorio e che permettono di avviare attività produttive digitali da immettere nel mercato internazionale.
Tante, troppe volte, in mille occasioni, convegni, eventi, abbiamo affrontato il problema dello spopolamento. Un tema che offre il pretesto per insopportabili passerelle, occasioni di propaganda, vaniloquio, moda, ricerca spasmodica dell’intervista, dello spazio digitale per mostrarsi al pubblico. Mille parole, mille proposte, chiacchiere, brindisi, promesse, battute. Poi si chiude il sipario!
Aprire il sipario è affascinante. C’è l’aspettativa, l’emozione dell’apparire, l’impegno, la commozione.
Quando la tenda si chiude, la Sala si svuota.Non rimane più neanche uno spettatore.
Nessuno ti guarda più. Nessuno ti ascolta più.
Ma è proprio lì, dietro alle quinte, che occorrerà cominciare a lavorare, a faticare, a sudare, ad insistere da soli e a lottare affinché quelle proposte lanciate sotto ai riflettori possano concretizzarsi.
Lodovico Alessandri