Chef Valicenti

Dalla tavola lucana al paradiso

La regione Basilicata è straordinaria, è una regione che mi piace definire uno scrigno che una volta aperto lascia uscire fuori tutto.

Inizia così l’incontro con Federico Valicenti che abbiamo intervistato, non il primo in assoluto ma il primo nel suo ristorante della sua amata Terranova nel Pollino. 
Lo abbiamo raggiunto lungo una strada che sale dolcemente tra due pareti di verde a più di 900 metri da Terranova, da cui poi partono i sentieri per l’esplorazione del parco Naturale più grande d’Europa.
 Il suo covo, il ristorante Luna Rossa, è indicato con queste significative definizioni: Ristorante tipico, Tradizioni gastronomiche, La storia e la tavola che definiscono immediatamente l’impostazione e la ricerca continua condotta da Federico. 

Il ristorante Luna Rossa ha gli interni caratterizzati da arredi caldi e da un bel camino accesso che ricorda la collocazione tra le montagne e l’esterno che affaccia su un’ampia conca verdissima circondata da montagna. Per capire Valicenti occorre vederlo e parlargli nel “laboratorio” in cui riflette, contempla, cucina, sperimenta ininterrottamente da 38 anni. 
E così si apprezzano e si capiscono le sue dichiarazioni sulla Basilicata e sui suoi prodotti.

Dal punto di vista gastronomico ha una varietà incredibile, la biodiversità la fa da padrone perché è una regione incontaminata, è legata soprattutto alle grandi tradizioni. È stata una regione visitata da tanti popoli che hanno lasciato delle impronte incredibili che ritroviamo nei piccoli borghi, nelle piccole comunità che animano questi territori, è li che c’è la narrazione, ovvero i racconti dei nostri nonni, i nostri zii, i nostri parenti accanto al camino. Usavamo la tavola come mezzo di convivio ed il convivio più grande era proprio vicino al camino.” 
Una cucina che Valicenti non sopporta venga definita “povera”.

Non è una cucina scontata, quella lucana, è una cucina impregnata di storia e di cultura, noi stiamo facendo un grande lavoro di riscoperta di questa grande memoria che poi portiamo a tavola, naturalmente rivisitata un po’ perché non si può più mangiare come si mangiava 200 anni fa. Il nostro compito è quello di cercare la storia per ridare al piatto la memoria del gusto ed il gusto della memoria che l’omogenizzazione ci sta facendo perdere.”
 E per questa valorizzazione, Valicenti ritiene che i borghi abbiano un ruolo fondamentale.
 “Andando in giro per i piccoli borghi si sente l’odore del fritto, l’odore della legna, si sentono questi profumi che animano la nostra vita, bisogna riprendere i racconti, il dialogo, e la discussione con gli anziani, cercare di far diventare i paesi non posti dove si aspetta la morte, ma dove si vive la vita vera, quella fatta di rapporti, di tradizioni e di culture… il paese è il luogo della slow life, della vita lenta, del recupero dei ritmi, ma i nostri paesi hanno tanto da raccontare!” 
Luoghi che si ha il dovere civico (una espressione che ricorda l’esortazione di Paolo Rumiz) di sostenere concretamente con piccoli e grandi gesti: 
“…anche fare la spesa nei piccoli paesi è un atto politico perché ci si rivolge alle piccole comunità del cibo, ci si rivolge ai veri artigiani che lavorano in questi borghi.
 Non è difficile trovare salumi, formaggi, erbe che hanno ancora i veri sapori. Se andate nei centri commerciali a fare la spesa potrete comprare 5-6 tipi di pere, ma se vi coprite gli occhi vedrete che sono tutte uguali, invece nei nostri piccoli paesi avranno sapori diversi… è questo che ci fa vivere in questi piccoli paesi dove, però, ci si deve stare solo fisicamente, ma mentalmente bisogna proiettarsi fuori.
Noi siamo qui nei borghi ad aspettare le persone, ma non per vivere meglio ma perché vogliamo regalargli questa nostra ricchezza dello slow life. 
La Basilicata è unica.

La storia di Federico Valicenti come esemplificazione dello spirito dei borghi, del modo come viverlo, interpretarlo e descriverlo.
Nato in questi paesini, da piccolo sono scappato perché ero curioso di sapere com’era la vita fuori dai nostri confini. A 20 anni sono tornato e ho deciso di praticare questa meravigliosa arte del cibo. Andando in giro per le campagne mi sono innamorato dei contadini, dei pastori e degli agricoltori e ho capito che senza di loro non ci saremmo nemmeno più noi e non ci sarebbe nemmeno la mia cucina.
 L’ultimo libro che ho scritto si chiama “Dalla tavola lucana al paradiso” ma non è un monito o un augurio. Ho dato questo titolo perché il nostro cibo è molto legato agli eventi religiosi, una religiosità non solo nel senso letterale della parola ma anche in quello spirituale.
 Io qui vivo bene, ho aperto il ristorante 38 anni fa, ho cresciuto una famiglia: una moglie e 3 figli straordinari.

Infine, un aneddoto e una spiegazione del termine di sua invenzione: cibosofo.
Dopo aver partecipato come giudice ad una puntata di MasterChef, una signora che viveva in svizzera da 60 anni mi vide in televisione, mi chiamò alle 2 di notte e mi disse “Chef mi scusi ma non riesco a dormire”… e si complimentò con me perché un lucano era stato a MasterChef come giudice, io le dissi che sono cose che possono succedere anche in Basilicata. Promise che mi sarebbe venuta a trovare e in effetti venne quest’inverno, mangiò la mia cucina, gli raccontai la storia del cibo come faccio sempre ai miei commensali, perché io mi ritengo un cibosofo (ma non nel senso letterale del termine, un po’ più maccheronico), il cibosofo per me è colui che riesce a raccontare il suo territorio attraverso il cibo e c’è tanto da raccontare!
La signora era molto emozionata, eravamo vicino al camino e si era creata un’atmosfera particolare, lei riviveva questi momenti magici della sua infanzia (era rimasta fino a 7/8 anni in paese) e le portai un dolce che era un raviolino ripieno di passato di ceci, cannella, buccia di arancia grattugiata e mosto cotto. Vidi che ad ogni boccone sospirava e iniziò a scenderle una lacrima. Rimasi quasi scioccato e mi disse “lei mi ha fatto il regalo più grande per miei 67 anni, mi ha ricordato la nonna”: e per me quelle sono state 46 Stelle Michelin messe insieme perché se uno chef lucano riesce a dare queste emozioni attraverso il cibo, riesce a far ricordare l’infanzia, a far sentire vive le persone, allora dico che la Basilicata esiste davvero, come dice il nostro amico Rocco Papaleo, attraverso i profumi, la memoria, il cibo e i racconti che noi ne facciamo.

Ringraziamenti e lunga vita a Federico Valicenti per le memorie, le emozioni e le argomentazioni che fanno recuperare orgoglio e speranza per un futuro dei borghi.

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