Nel marzo del 2020, all’inizio della pandemia da Covid, due grandi urbanisti esprimevano idee convergenti sulla crescente rilevanza della CAMPAGNA in luoghi ed occasioni diverse. In una intervista, Stefano Boeri sosteneva la necessità di un bilanciamento tra città e Campagna mentre il suo collega ed amico, Rem Koolhaas, architetto-urbanista nato a Rotterdam, inaugurava una inedita mostra sulla Campagna nel Guggenheim Museum di New York, uno dei luoghi più ricchi di opere d’arte moderna ed eventi che celebrano la città.
Approfondimento
La mostra, intitolata Countryside. The future (Campagna. Il Futuro) aveva l’obiettivo di spostare l’attenzione dalla città alla Campagna perché essa, pur avendo gli elementi fondamentali per sfamare l’umanità, contrastare la crisi climatica e favorire una rigenerazione ecologica, è invece troppo spesso una realtà ignorata (ignored realm) dai media, dalla opinione pubblica, dai grandi piani di sviluppo nazionale.
Ignored realm, è anche il titolo delle due pagine scritte da Koolhaas come prefazione del volume Countryside. A report.
L’opera non è il classico catalogo di una mostra d’arte ma un rapporto contenete dati e ricerche condotte da esperti a livello planetario e rappresenta un complemento organico per la comprensione della tematica proposta dalla mostra. Il volume è infatti un saggio di straordinario interesse per la ricchezza della documentazione e per la qualità dei contributi da parte di 18 autori che hanno esplorato altrettanti territori segnati da criticità globali con persone ed istituzioni che hanno in comune l’impegno per trovare soluzioni concrete a problemi complessi, con sperimentazioni di successo spesso ignote e/ignorate!
Per colmare in parte questa lacuna, il libro fornisce ancora oggi dati, riflessioni e storie mentre la esposizione ha proposto ai visitatori temi di riflessioni ed emozioni con testi, immagini ed oggetti esposti lungo la spirale dell’iconico edificio del Guggenheim Museum. Nel loro insieme, il libro e la straordinaria esposizione hanno svolto il compito che si erano prefissato: informare, aumentare la consapevolezza (non l’angoscia, anzi…), dare speranze. Indicando che grazie al countryside un mondo più sostenibile è possibile!
Tra i casi del libro che fanno intravvedere una prospettiva meno drammatica, vi sono: un sito in Giappone dove vengono testati i robot per le infrastrutture e l’agricoltura; una città-serra nei Paesi Bassi che potrebbe essere l’origine della cosmologia della campagna di oggi; il permafrost della Siberia centrale in rapido scioglimento che vede la regione alle prese con la possibilità di delocalizzazione; i rifugiati che popolano i villaggi morenti nelle campagne tedesche e si intersecano con gli attivisti per il cambiamento climatico; i gorilla di montagna abituati a confrontarsi con gli esseri umani sul “loro” territorio in Uganda; il Midwest americano, dove le operazioni agricole su scala industriale stanno facendo i conti con l’agricoltura rigenerativa; i piani nel Quatar per far fronte ad un’eventuale, improvvisa interruzione delle importazioni di cibo; l’uso dell’informatica in Kenia per reinventare il modo di fare agricoltura; ecc.; ecc. Luoghi diversi e distanti per tradizioni accomunati dall’impegno a trovare soluzioni a criticità con l’uso di tecnologie avanzate.
Il grande lavoro per la raccolta di dati e storie esemplari spiegano i 5 anni necessari alla preparazione della mostra.
Nel loro insieme, la mostra ed il libro sono state un importante contributo alla comprensione della necessità di spostare l’attenzione dalla città alla campagna, ma anche un modo esemplare per sollecitare istituzioni e singole persone ad attivarsi per creare consapevolezza su una realtà salvifica, troppo trascurata. Da parte sua, il Guggenheim ha smesso per un po’ di tempo di essere un tempio dell’arte e si è trasformato in un polo divulgativo, consapevole che mettere a mettere a disposizione la sua stupenda architettura avrebbe attratto più persone capaci di comprendere le novità nel countryside e diffonderne la rilevanza.
I territori rurali di prossimità oppure quelli remoti e selvaggi che chiamiamo “campagna” sono il 98% della superficie terrestre non occupata dalle città. Un 2% di territorio dove si concentra il 50% degli umani (che saranno 70% nel 2050).
La campagna è la realtà che si trova sulla linea del fronte in cui si manifestano crisi climatica ed ecologica, migrazione, sbalzi demografici, impoverimento… ma è anche il luogo in cui vivono persone ed istituzioni che non si arrendono e realizzano buoni risultati non solo ispirandosi ad antiche pratiche ma assai più spesso facendo ricorso a tecnologie avanzatissime che richiedono competenze alla frontiera della conoscenza. Impegno e buoni risultati ignorati dalla grande comunicazione proprio mentre aumenta in TV il catastrofismo che emerge nei commenti alle sempre più frequenti emergenze ambientali.
L’impegno ultra decennale di Rem Koolhas mira a coinvolgere l’opinione pubblica sulle opportunità che la nuova Campagna offre anche in termini di sfide professionali. Indicando il Countryside non solo come dimensione della nostalgia e degli affetti ma anche come un luogo della mente da abitare in modo diverso dalla città, ma senza rinunciare agli stimoli della dimensione urbana.
E’una visione confermata anche nella recente intervista apparsa sul 1° numero di U (uomo), il nuovo magazine de la Repubblica in cui si ricorda che Rem Koolhaas, DOPO UNA VITA PASSATA A CAMBIARE IL VOLTO DELLE CITTA’ CON LE SUE ARCHITETTURE ORA E’ INTERESSATO ALLA CAMPAGNA. E dichiara: ”da tempo, forse un decennio o poco più, sto guardando alla Campagna. Abbiamo fatto la mostra –Countrysite.The Future-al Guggenheim di New York nel 2020 e, chiaramente, almeno in parte, il motivo che mi ha spinto è una sorta di disincanto per gli spazi urbani. Penso, per fare un’esempio, che la travolgente invasione del lusso all’interno delle città sia stato e sia un fenomeno nuovo, e molto negativo”.
Nel 2020 ci parve importante segnalare la convergenza attenzione sulla Campagna di due personalità come Boeri e Koolhaas, nati nelle metropoli in cui vivono e lavorano (Milano e Rotterdam) e condividono l’idea che le città restano importanti, ma che il futuro dipende sempre più dalle sinergie tra città e campagna, dove essi auspicano un maggior uso di conoscenze e tecnologie utili al miglior utilizzo del suolo ed alla preservazione della biodiversità.
Essi continuano a fornire autorevole conferma all’attenzione che questa testata aveva dato ed offre alle tematiche della Campagna come dimostrano i servizi da noi pubblicati dai quale emerge, tra le altre istituzioni attive, il rilevante ruolo svolto da ALSIA.
L’auspicabile rivalutazione della Campagna potrà contribuire a ridurre le criticità dei borghi delle aree interne ma essa richiederà una maggiore attenzione anche da parte dei non residenti nei borghi, persone spesso inclini immaginarli come luoghi fermi in una dimensione da “mulino bianco” o, peggio, a contemplarne la decadenza spinta dalla crescente (e pericolosa) letteratura dell’abbandono (abandonalism).